L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ritiene che la cedolare secca del 21% imposta per legge agli affitti brevi (di durata inferiore a un mese) sia lesiva della libertà di concorrenza.

La presa di posizione è arrivata nell’ultimo bollettino dell’ente in cui si spiega che questo nuovo regime fiscale “appare potenzialmente idoneo ad alterare le dinamiche concorrenziali tra i diversi operatori, con possibili ricadute negative sui consumatori finali dei servizi di locazione breve”, nella misura in cui impone ai soggetti che svolgono attività di intermediazione la ritenuta alla fonte del 21%.

L’Autorità precisa anche di essere pienamente consapevole che l’intervento del legislatore mira a
realizzare un interesse pubblico di natura fiscale e a contrastare il fenomeno dell’evasione.
Tuttavia, prosegue,  “l’introduzione dei suddetti obblighi non appare proporzionata rispetto al perseguimento di tali finalità, in quanto si ritiene che le stesse potrebbero essere perseguite altrettanto efficacemente
con strumenti che non diano al contempo luogo a possibili distorsioni concorrenziali”

Per questo l’Autorità invita il legislatore a rivalutare le proprie decisioni e a comunicare entro 30 giorni le decisioni prese al riguardo.

Una notizia non presa bene dagli albergatori che già nei giorni scorsi avevano protestato per l’emendamento alla legge di bilancio, poi reso inammissibile, che prevedeva la riduzione della cedolare secca dal 21 al 10% per un periodo di prova di 3 anni.

Questo emendamento potrebbe infatti essere riproposto per via ordinaria proprio per ottemperare alle indicazioni del Garante.

Spiega Alessandro Nucara di Federalberghi: “Mi stupisce una Pubblica amministrazione prona ad Airbnb, così come Enti locali che fanno accordi in deroga con un soggetto che oggi si rifiuta di pagare una tassa. Sono addirittura arrivate proposte per ridurre questa tassa ma io mi auguro che prima o poi scatti qualche forma di sanzione se non inizieranno a pagare”.

Anche per Giorgio Palmucci di Aica si tratta di “un segnale che scoraggia gli operatori che inizialmente avevano intravisto nell’applicazione della cedolare secca un primo passo di equità rispetto agli oneri sino ad allora esclusivamente a carico del mondo dell’hotellerie. Due pesi e due misure che non possono trovare alcuna giustificazione. Il fenomeno degli affitti brevi, la così detta sharing economy, ha abbandonato già da tempo quelle caratteristiche di spontaneità ed occasionalità che ne avevano caratterizzato gli inizi. Non siamo mai stati contrari a nuove tipologie di offerta ma non possiamo accettare di vedere ulteriori “regali fiscali” ad altri. E’ indispensabile una riforma profonda ed un riordino complessivo del settore che riequilibri le condizioni di mercato dei diversi operatori”.