Formazione digitale: Google boccia l’Italia

L’Italia è in ritardo nella digitalizzazione soprattutto nella formazione e nel turismo, tanto da non essere in condizione di affrontare le sfide del nuovo mondo. E’ uno status quo che accresce il disagio giovanile, figlio di un alto tasso di disoccupazione e rappresenta una delle facce del nostro sistema Paese, preoccupato di non riuscire a cogliere le nuove opportunità figlie dell’era digitale.

Temi caldi, e non solo per la temperatura, che hanno fatto si che il dibattito che ha visto uno di fronte all’altro il ministro del Turismo Dario Franceschini e il presidente di Google, Eric Schmidt, presso la Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma, sia stato molto più che un incontro di fioretto.

Schmidt non le ha mandate a dire: “Ai giovani italiani manca una formazione digitale – ha denunciato – Il sistema educativo italiano non forma persone adatte al nuovo mondo”. Occorre quindi quello che ha definito “un cambiamento nel sistema di istruzione italiano seguendo l’esempio degli Usa, dove in tutte le scuole si insegna informatica”.  La critica si è fatta addirittura più severa: ”L’Italia ha una disoccupazione giovanile al 40%, che dimostra un fallimento delle politiche. Un modo per affrontare questo problema è far recepire le abilità a livello digitale, incoraggiare i giovani in questo senso”.

Alle argomentazioni del presidente di Google, Franceschini ha ribattuto, riconoscendo comunque che il ritardo italiano nel settore digitale, soprattutto nel turismo, è effettivamente reale. Il ministro però ha messo in guardia dal rischio della globalizzazione delle competenze: “In ogni Paese ci sono vocazioni, magari un ragazzo italiano sa meno di informatica ma più di storia medievale e nel mondo questo può essere apprezzato. Un ragazzo italiano ad esempio potrà andare negli Usa a insegnare storia medievale e uno americano potrà venire qui a insegnare informatica”.  Nonostante questo “le applicazioni legate al turismo e alla cultura possono incrociarsi con le start up, e la politica può aiutare in questa direzione” ha aggiunto Franceschini, che ha spiegato di recente siano state approvate norme per assumere giovani nel settore culturale in deroga ai tetti per la Pubblica Amministrazione. “Occorre individuare i settori su cui agganciarsi per la crescita, come ha detto Schmidt. È ora di svegliarsi”.

Proprio la cultura, e l’arte, sono diventate poi pretesto per spiegare il futuro secondo Google. “Il futuro dell’arte è online – ha evidenziato Schmidt – ma soprattutto la sfida sarà sul telefonino.  La piattaforma Google – ha aggiunto il presidente del gigante del web – oggi già consente di visualizzare le opere d’arte dei musei su smartphone o addirittura consentire ai negozi d’arte di mettere on line le opere in vendita. Sono due modi per aiutare a promuovere l’arte”,

Scettico a tal proposito Franceschini secondo cui la cultura non può essere consegnata alle logiche di mercato. “Un prodotto può essere di grande valore culturale ma non essere redditizio – ha spiegato – e quindi occorre mettere confini fra ciò che si fa al servizio dell’umanità e ciò che si fa per profitto. La cultura è un servizio”. Il ministro ha però aperto alla possibilità di collaborazione con Google, ad esempio “digitalizzando tutto il patrimonio artistico-monumentale italiano, magari in 3D“. “Questi terreni di collaborazione si possono trovare, sottraendoli però a logiche di mercato”.