Franceschini, ecco la ricetta per il turismo

La ricetta, signori, eccola qua. All’indomani della presentazione al dicastero dell’Osservatorio Nazionale del turismo (di cui abbiamo scritto qui) sono pochi e chiari i punti su cui Dario Franceschini, ministro per i Beni culturali, lavorerà per far assumere al turismo il ruolo che gli compete, cioè quello di primo motore nazionale. Una missione alla quale il ministro si dedicherà soprattutto nei prossimi, intensi, 180 giorni (“ci sarà da correre”), lavorando a fianco a fianco con l’Enit, le regioni e altri enti.

Ma per fare cosa? Per accrescere la digitalizzazione, rendendo la nostra offerta veramente “visibile”; per migliorare la qualificazione dell’ospitalità, aumentando gli standard; per moltiplicare l’offerta turistica, rendendola più vasta e differenziata; per promuovere l’Italia come sistema Paese, superando la tradizionale frammentazione regionale.

Punto di partenza di tutto il progetto è lo status quo, la realtà di oggi che il ministro ha descritto partendo proprio dall’Osservatorio. Realizzato dal Centro internazionale di studi sull’economia turistica, Ciset, su dati della Banca d’Italia e dell’Istat, il rapporto indica che la spesa turistica totale in Italia è stata di circa 96 miliardi di euro, di cui 63 generati da italiani e 33 da stranieri. La cifra è pari al 10% dei consumi finali lodri e sopratttto pari a 70 miliardi di ricchezza all’anno (cifra calcolata sulla base del fatto che, ogni 1000 euro di consumo turistico generano 727 euro di ricchezza).

Il turismo però non è una ricchezza per tutto il Paese, come dimostra il fatto che Lazio, Lombardia, Veneto e Toscana ricevano il 60% della spesa proveniente dall’estero, contro il 13% del sud. Secondo il ministro (e come dargli torto) è “una cosa assurda”. Ecco perché il piano relativo alla moltiplicazione dell’offerta turistica si concentrerà in particolare sul Mezzogiorno.

Un altro punto nell’agenda del ministro è poi quello relativo alla tassa di soggiorno, definita un’anomalia, visto che viene pagata solo dai turisti che vanno in albergo e non da quelli che utilizzano altre strutture ricettive.