Il fallimento di Thomas Cook rischia di avere serie ripercussioni sull’incoming nel nostro Paese e anche sulla percezione degli intermediari del turismo organizzato. Sono diverse le analisi e le prese di posizione in Italia delle associazioni di settore del turismo.
Per Federalberghi il 10,3% delle aziende ricettive italiane ha ospitato o si preparava ad ospitare turisti di Thomas Cook nel 2019, con crediti nell’ordine di oltre 100mila euro di media. Per questo motivo Federalberghi e le altre aziende aderenti a ConfCommercio hanno preparato un pacchetto di proposte, presentate al governo nei giorni scorsi per evitare che gli alberghi vadano in crisi di liquidità.
Di simile avviso anche l’associazione Property Managers Italia, principale rappresentante delle istante dell’ospitalità residenziale legale: in un documento inviato al Governo per proporre misure di supporto al turismo, l’associazione dice “sì ad aiuti alle strutture ricettive italiane coinvolte, a meno che non siano già indennizzate dai preposti fondi britannici ATOL e CAA, che dovrebbero già coprire integralmente i debiti del tour operator fallito”.
Per Confindustria Alberghi: “Le dimensioni di un operatore come Thomas Cook sono tali da imporre di guardare a quanto accaduto in un’ottica di sistema. Il quadro non è ancora completo, ma certamente le conseguenze continueranno a farsi sentire nei prossimi mesi. Anche perché sono numerosi i marchi del gruppo che operano sul mercato italiano – Neckermann tra tutti – che stanno seguendo il destino della casa madre”
L’incontro di oggi con la sottosegretario Bonaccorsi, ha segnato l’attenzione del Governo e aperto la strada alla valutazione di una serie di misure che potrebbero contenere quanto meno nell’immediato l’impatto sul settore alberghiero che, per alcune aziende ed alcuni territori, rischia di essere anche molto pesante.
Da segnalare infine il commento di Nardo Filippetti, Presidente ASTOI Confindustria Viaggi: “Riteniamo che il caso Thomas Cook non sia un fallimento del modello di business o del sistema del turismo organizzato, come purtroppo in questi giorni abbiamo letto, ma la conseguenza di una specifica situazione finanziaria e di scelte strategiche sbagliate del Gruppo inglese che, da tempo, aveva dato segni in tal senso. In Italia e nel mondo abbiamo esempi di aziende virtuose che rispondono, con il loro prodotto, a una domanda ancora molto forte ed offrono garanzie e tutele al consumatore inimmaginabili se paragonate all’acquisto online. A testimonianza del fatto che non si tratta di una crisi del modello dell’“off line”, possiamo citare esempi di imprese online estere che sono fallite nel recente passato. Ad oggi il danno maggiore in Italia, come sappiamo, lo ha subito il segmento alberghiero ma, in realtà, sono state coinvolte anche aziende appartenenti ad altri settori come quello dei trasporti o quello aeroportuale”.