Passionale come l’amore, tradizionale come il pranzo della domenica, popolare come il calcio. Il vino per gli italiani è molto più di un asset del made in Italy: è un collante tra generazioni che coinvolge quasi 9 cittadini su 10 in tutto lo Stivale. L’indagine Mercato Italia, gli Italiani e il vinorealizzata da Vinitaly con l’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor e presentata oggi alla Fiera di Verona in apertura della 53ª edizione del salone internazionale dedicato al vino e ai distillati, traccia il profilo dell’approccio al vino e dello stato di salute del mercato interno del primo Paese produttore al mondo. Si beve meno – il 26% di volumi ridotti rispetto a vent’anni fa – ma lo fanno praticamente tutti e in modo più responsabile: la media è di 2-4 bicchieri a settimana, consumati soprattutto in casa (67%) in particolare dai baby boomers (55-73 anni, al 93%), ma è rilevante la quota di tutte le generazioni, con i millennials (18-38 anni) che evidenziano già un tasso di penetrazione pari all’84%. Dato in aumento sia a casa che nel fuori casa. Si beve meno, dunque, ma il mercato del vino tiene e produce un valore al consumo che, secondo l’analisi, è stimato dall’Osservatorio in 14,3 miliardi di euro (dato 2018).

MERCATO INTERNO: VALORE AL CONSUMO DA 14,3 MILIARDI (+2,8% A VALORE)

Un mega-vigneto da 650mila ettari, con 406 vini a denominazione, 310mila aziende e soprattutto un valore al consumo del mercato interno che l’Osservatorio Vinitaly – Nomisma Wine Monitor stima nel 2018 in 14,3 miliardi di euro, per un volume di vino venduto pari a 22,9 milioni di ettolitri. Rispetto al 2017 si registra una crescita del 2,8% a valore a fronte di una sostanziale stabilità a volume (-0,4%). Nel confronto tra i top mercati per valore dei consumi, l’Italia si posiziona al 4° posto dopo USA, Francia e Regno Unito. Per il presidente di Veronafiere Spa, Maurizio Danese: “Per la prima volta abbiamo stimato il valore al consumo del primo mercato al mondo per i nostri produttori. Il dato, che supera i 14 miliardi di euro, la dice lunga su quanto il settore impatti non solo sulla filiera ma anche sui servizi e sull’Horeca”.

TRADIZIONE ELEGANZA E CULTURA, TRA VECCHIE E NUOVE PREFERENZE

Per la maggior parte degli intervistati il vino è tradizione, eleganza e cultura, al contrario dei superalcolici, associati a divertimento e monotonia, o della birra, dove prevale il matching con amicizia e quotidianità. “Per gli italiani il vino va oltre lo status symbol – commenta il direttore generale di Veronafiere Spa,Giovanni Mantovani –, rappresentando un tassello fondamentale della cultura tricolore, al contrario di altri Paesi consumatori. E Vinitaly è un brand riconosciuto come bandiera: tre italiani su quattro conoscono infatti la nostra manifestazione, dato che sale al Nord, per l’81%, e tra gli italiani con un alto livello di scolarità e reddito. Una notorietà del brand non fine a se stessa – continua il dg – perché Vinitaly ha l’obiettivo di parlare attraverso tutti i canali possibili, per creare un rapporto sempre più coeso tra il mondo dei produttori e quello dei consumatori. In questi anni abbiamo investito quasi cinque milioni di euro nello sviluppo digital e la nostra sarà la prima manifestazione che userà queste potenzialità”.

E se è vero che il vino rosso rimane il favorito in tavola, lungo la Penisola cambiano le preferenze sulla base di vecchie e nuove abitudini al consumo e della vocazione delle diverse aree vitate. Chi beve vino rosso lo fa nella metà dei casi almeno 2-3 volte la settimana mentre per le altre tipologie il consumo è più episodico, in particolare nel fuori casa. Nelle città metropolitane, dove il tasso di penetrazione è uguale o leggermente superiore alla media italiana (91% a Napoli contro 88% in Italia) e si abbassa l’età media dei consumatori, Roma beve molto più vino bianco rispetto alla media italiana (25% vs 18%) mentre a Napoli i rossi dominano nelle preferenze e a Milano lo sparkling presenta punte di consumo ben superiori alla media, come pure i rosati nei capoluoghi meneghino e partenopeo.

Un rapporto edonistico – quello tra gli italiani e il vino – fatto di soddisfazione dei sensi più che di conoscenza, con solo un quarto dei consumatori che si dice in grado di riconoscere ciò che sta bevendo. Quota quella degli ‘esperti’ che sale nei maschi (33% contro il 18% delle donne), nel Nord-Ovest (31%) e in maniera direttamente proporzionale al reddito (45%) e alla scolarità (laureati al 39%). Tra i criteri di scelta, il territorio di produzione la spunta su denominazione e vitigno. Assieme sommano il 61% delle risposte e si rivelano molto più importanti di prezzo, brand aziendale, consigli di sommelier e caratteristiche green. Tra i ‘saranno famosi’ nei prossimi 2-3 anni, i consumatori indicano invece gli autoctoni (28%), i biologici (19%), i vini veneti, piemontesi, toscani, pugliesi e siciliani e quelli leggeri, facili da bere e da mixare. Vino nel bicchiere ma anche in campagna, con il 23% degli italiani che hanno fatto una vacanza/escursione in un territorio del vino e solo il 18% che esclude questa possibilità in futuro. Tra le mete più ambite, stravince la Toscana con il Chianti e Siena, poi Piemonte (Langhe e Asti) e il Veneto.