Reso Iata 890 e carte di credito: Aiav prosegue con l’azione giudiziaria

Il presidente di AIAV Fulvio Avataneo, entra nel merito della spinosa questione che vede contrapposta la Iata e le compagnie aeree per l’utilizzo delle carte di credito per i pagamenti dei biglietti aerei da parte delle agenzie di viaggio, una querelle che va avanti da tempo e che ha portato alcune compagnie aeree ad emettere debit memo per i pagamenti fatti con la carta di credito dell’agenzia anziché con quella del cliente.

Aiav
Fulvio Avataneo

L’Aiav, Associazione Italiana Agenti di Viaggio si è sempre dichiarata contraria alle modifiche apportate dalla Iata alla risoluzione 890 poiché “costituiscono un grave danno per l’intera categoria ma anche – dichiara Avataneo – una palese violazione delle norme costituzionali e giuridiche del nostro Paese”. Per questo motivo a giugno scorso l’associazione ha deciso di portare la Iata in tribunale.

Lo scorso 9 luglio sono state depositate le memorie conclusive dell’azione giudiziaria promossa dall’AIAV e, dopo una prima udienza tenutasi davanti al tribunale di Roma il 7 giugno, si attende ora l’udienza del 4 ottobre prossimo quando il giudice dovrà stabilire se sia lecito o meno discriminare un’intera categoria imprenditoriale senza alcun valido motivo.

“Ci pare assolutamente chiaro – prosegue Avataneo- che dietro le modifiche della risoluzione 890 non vi sono ragioni di sicurezza ma solo ed esclusivamente interessi economici che, dopo aver penalizzato fortemente gli agenti di viaggio, ora mirano a colpire i GDS (Global Distribution System) aprendo la strada al sistema NDC (New Distribution Capability) che potrebbe essere pronto ad operare entro la fine del 2019”.

“Siamo convinti della validità della nostra azione, conclude il presidente di AIAV, e ci auguriamo che il tribunale di Roma valuti con attenzione le nostre istanze. Certo sarebbe stata opportuna un’azione congiunta di tutte le associazioni rappresentative della categoria ma pare che si preferisca guardare ciò che accade dal balcone piuttosto che scendere in strada per far valere le proprie ragioni”.